OLIMPIADI, L’OCCASIONE PERDUTA
E’ mancata una cosa in questi bei giochi olimpici che ci hanno divertito, istruito ed esaltato durante le ultime due settimane. Mi aspettavo che comparisse forse all’ultimo momento, nei discorsi di chiusura del Presidente del Cio o magari delle sindache di Parigi e Los Angeles. Mi aspettavo che qualcuno ricordasse a tutto il mondo che guardava una parola, quella che sta all’origine dei giochi stessi: la parola PACE. Adesso, mi dicevo, adesso lo fa. Adesso il Presidente del Cio fa una pausa e poi dice: “Ci sono almeno due gravissime guerre in atto nell’occidente del mondo. Ebbene, io invito i responsabili dei quei Paesi a incontrarsi con i loro nemici, a sedersi e guardarsi negli occhi e ascoltare ognuno le ragioni dell’altro. A parlarsi e comprendersi e capire che troppe vite umane sono già andate perdute. A perdonarsi a vicenda e ricominciare una vita comune, ognuno cosciente delle ragioni dell’altro, ognuno capace di rinunciare a qualcosa. Per due settimane abbiamo visto la faccia migliore dell’umanità, la competizione fatta nell’amicizia, nel rispetto reciproco. Abbiamo visto che uomini e donne, siamo tutti fratelli e nella fratellanza troviamo il sorriso e la gioia. Occorre solo fermarsi e guardarsi, ascoltarsi, capirsi a vicenda”. Ma nessuno ha avuto l’intuizione o l’audacia di accennare a un discorso del genere. Ognuno ha ripetuto le solenni e rassicuranti dichiarazioni sul valore dello sport, sulla spettacolarità, sulle fatiche e gli onori degli sportivi. Tutte cose vere, ma la più importante di tutte ieri sera è stata lasciata da parte.
Assolutamente d’accordo! Quanto dolore!