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ANCORA SULLA QUASI-ESTINZIONE DEL SAPIENS

ANCORA SULLA QUASI-ESTINZIONE DEL SAPIENS

L’articolo in inglese da me citato nel post di ieri, come fonte della notizia che la specie Homo Sapiens aveva sfiorato l’estinzione 900.000 anni or sono, costituiva in realtà un breve riassunto dell’articolo scientifico originale, pubblicato su Sciene del 1 sett. 2023. Per chi fosse interessato a vederlo, l’articolo originale si può trovare online e potete aprirlo cliccando qui (ma è a pagamento). Come sempre su Science, si tratta di un testo di alto livello scientifico, destinato a ricercatori e scienziati.
Tuttavia, l’articolo “riassuntivo” da me riportato conteneva alcuni dettagli sui quali ritengo utile ritornare, anche perché i divulgatori italiani che ieri se ne sono occupati (come Telmo Pievani sul Corriere della sera e Elena Dusi sulla Repubblica) non avevano avuto lo spazio per scriverne.
Anzitutto, una breve spiegazione di come si possa risalire a eventi di un milione di anni fa solo partendo dal genoma di nostri contemporanei, e arrivarci con una precisiuone stupefacente (sarebbero sopravvissuti allora solo 1.280 individui in età riproduttiva). Science spiega la cosa con un breve e chiaro capoverso di cui vi do qui la mia traduzione:
Rispetto agli altri primati viventi, gli umani di oggi hanno una diversità genetica sorprendentemente bassa. Per decenni i ricercatori hanno avuto il sospetto che la popolazione dei nostri antenati sia passata a un certo punto per un collo di bottiglia. Per capirne di più, due ricercatori dell”Accadeniua delle Scienze cinese (CAS), Hi-Hsuan Pan e Haipeng Li, e i loro colleghi, hanno perscrutato il genoma umano moderno. Gli scienziati sanno quanto tempo approssimativamente impiegano le mutazioni per accumularsi nei nostri geni, ed esaminando le variazioni genetiche presenti nelle diverse popolazioni possono ottenere una stima di quanto tempo fa i vari gruppi si siano separati. I ricercatori possono risalire in questo “orologio molecolare” per investigare quando siano accaduti eventi che hanno dato origine a diversificazioni nelle popolazioni.

Un altro aspetto che sicuramente interessa i non esperti è l’accoglienza che la scoperta ha ricevuto nel mondo scientifico. E’ stata da tutti accettata come certa? O qualcuno ha sollevato dubbi o ipotizzato limiti? Ecco che cosa ne dice l’articolo (anche qui, nella mia traduzione):

Tuttavia Janet Kelso, biologa computazionale presso il Planck Institute for Evolutionary Anthropology, è scettica. Osserva che le prove genetiche di un collo di bottiglia sono più forti solo nella popolazione africana di oggi e non in chi oggi vive fuori dell’Africa, il che farebbe pensare che il collo di bottiglia avrebbe riguardato solo alcune popolazioni ancestrali. Per lei le conclusioni “benché intriganti, dovrebbero probabilmente essere prese con qualche cautela ed essere esaminate ulteriormente.” Nicholas Ashton, archeologo del paleolitico presso il British Museum e non coinvolto nello studio, condivide quest’idea. “L’ipotesi di una catastrofe globale non combacia con i dati dei fossili archologici e umani,” dice. “Rimangono domande su che cosa abbia causato il collo di bottiglia e che cosa abbia portato all’espansione dopo 120.000 anni.” Tuttavia, aggiunge, “ogni nuovo modo per investigare il passato deve essere benvenuto.”

L’articolo originale su Science si trova cliccando qui.

L’articolo divulgativo completo si trova cliccando qui.

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