COME L’UMANITA’ HA RISCHIATO L’ESTINZIONE
Riporto qui un articolo di Telmo Pievani (ben noto professore di Filosofia della Scienza all’Università di Padova), nel quale il professore riferisce di un’importante scoperta pubblicata sulla rivista Science del mese corrente. Tanto potenti sono gli strumenti della genetica contemporanea che si è potuto rticostruire la storia del genere Homo (emerso poco più di due milioni di anni fa) con tanta precisione da permettere di osservare una quasi- estinzione avvenuta circa 900.000 anni fa a causa delle glaciazioni che afflissero il pianeta Terra. Si è addirittura potuto definre che il genere si era ridotto a circa milletrecento individui, dai quali poi con il passare dei millenni discesero coloro che diedero origine alle specie dei Neandertaliani, dei Denissoviani e del Sapiens.
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L’umanità ha rischiato seriamente l’estinzione con la specie «Homo»: la scoperta pubblicata su «Science»
di TELMO PIEVANI
La ricerca è basata su riscontri genetici. La firmano anche due studiosi italiani. Ci fu un crollo demografico del 98,7%. Sui nostri avi si abbatté una catastrofe impensabile
L’umanità ha rischiato seriamente di estinguersi, con un crollo demografico drammatico che ha raggiunto il 98,7%. Una catastrofe quasi inimmaginabile si abbattè sui nostri antenati tra 930 e 813 mila anni fa, lasciando vivi solo 1.280 individui fertili, meno dei panda attualmente esistenti in natura. Fu una tragedia lenta, durata 117 millenni. Colpevole, come spesso in questi casi, fu il cambiamento climatico: le alternanze fra cicli glaciali e interglaciali cominciarono in quel periodo ad ampliarsi fino a intervalli di 100 mila anni e divennero sempre più estreme, portando a un’ondata di estinzioni di grandi mammiferi in Eurasia e a lunghe fasi di forte aridità in Africa. E anche i nostri antenati se la passarono male.
La sorprendente scoperta di questo drastico «collo di bottiglia» nell’evoluzione umana, finora mai nemmeno ipotizzato, è stata pubblicata oggi su «Science» da un gruppo di scienziati cinesi che hanno collaborato con due paleo-antropologi italiani, Giorgio Manzi della Sapienza di Roma e Fabio Di Vincenzo del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. La ricerca è anche un esempio di come la scienza possa contribuire al dialogo tra i popoli, visto che gli scienziati cinesi coinvolti provengono da entrambe le sponde del canale di Taiwan.
Per notizie così eclatanti servono prove robuste, che non mancano. Partendo dalle banche genetiche internazionali, sono stati analizzati i genomi completi di 3.154 individui moderni appartenenti a 50 popolazioni umane diverse. Con un metodo bioinformatico innovativo, andando a ritroso nel nostro albero genealogico fino a tempi che precedono di molto la comparsa della nostra specie, sono state identificate le ormai debolissime tracce genetiche lasciate dai nostri antenati e da queste è stato possibile calcolare la consistenza demografica delle popolazioni del passato. In pratica, senza bisogno di estrarre il Dna antico dai fossili, si proietta indietro nel tempo l’attuale variazione genetica umana per stimare le dimensioni delle popolazioni in momenti specifici del passato. Si possono così scoprire antiche migrazioni, espansioni e riduzioni di popolazioni. Ebbene, anche confrontando gruppi di dati indipendenti, la sostanza non cambia: intorno a 900 millenni fa ci fu un collasso catastrofico generalizzato, che combacia peraltro molto bene con le evidenze fossili e spiega un vecchio mistero dell’evoluzione umana.
Quando il genere Homo comparve in Africa, tra 2 e 2,5 milioni di anni fa, per un lungo periodo lasciò molte tracce archeologiche e fossili. Sono i segni di un’umanità arcaica chiamata Homo ergaster, grandi camminatori, probabilmente i primi a uscire dall’Africa e a dare origine a Homo erectus in Asia. Era un’umanità promettente, ma vulnerabile. Poi, proprio a partire da 950 mila anni fa, cala un apparente silenzio: pochi resti databili con sicurezza, come se si fossero dileguati quasi tutti. Anche l’Europa, a partire da 1,1 milioni di anni fa, sembra spopolarsi completamente di esseri umani a causa di un periodo particolarmente freddo. Bisognerà attendere 300 millenni per ritrovare le tracce fossili abbondanti di una nuova umanità, con un cervello più grande e caratteristiche anatomiche inedite, chiamata Homo heidelbergensis. Come si spiega un simile buco nella documentazione?
Quando nell’evoluzione si vedono gap di questo tipo o improvvise accelerazioni, di solito si addossa la colpa alla frammentarietà dei dati fossili: quegli sconvolgimenti non sono accaduti davvero, è solo un problema di mancanza di dati e di incertezza nelle datazioni. Pare che in questo caso non sia così. I fossili forse dicevano la verità. La quasi estinzione c’è stata davvero e all’uscita dal collo di bottiglia troviamo un’umanità nuova. Questo non sorprende perché, come hanno insegnato i paleontologi Stephen J. Gould e Niles Eldredge, quando nell’evoluzione per cause ambientali una popolazione viene drasticamente ridotta tendono ad accumularsi rapidamente cambiamenti genetici che possono portare alla nascita punteggiata di nuove specie. I colli di bottiglia poi riducono la variabilità genetica, che resta molto bassa anche tra gli esseri umani attuali. Nello stesso periodo, inoltre, sappiamo che nel genere Homo due cromosomi ancestrali si fusero insieme, generando il cromosoma 2 e portando il conto a 46.
Anche se alcuni paleoantropologi come Chris Stringer nutrono ancora dubbi sulla reale portata di questo collo di bottiglia e sul ruolo centrale di Homo heidelbergensis, è probabile che in quel periodo vi sia stata una grande transizione nell’evoluzione umana. Una transizione che riguarda anche noi. Infatti a partire dai sopravvissuti alla catastrofe di 900 mila anni il motore dell’evoluzione tornò a girare a pieno ritmo. I gruppi di Homo heidelbergensis crebbero rapidamente e dall’Africa si diffusero in tutta l’Eurasia, dando poi origine in Europa ai Neanderthal e in Asia ai Denisovani. Di pari passo con il loro arrivo, compaiono le più antiche evidenze dell’uso sistematico e controllato del fuoco e di tecnologie litiche più avanzate. Il mondo insomma tornò a popolarsi di umani ben organizzati.
Tempo dopo, fra 200 e 300 millenni fa, dai discendenti africani dello stesso Homo heidelbergensis nascerà anche la specie Homo sapiens, che uscendo dal continente d’origine incontrerà i cugini Neanderthal e Denisovani, incrociandosi con loro. Quindi noi siamo letteralmente i figli delle poche migliaia di superstiti che riuscirono a passare attraverso quella strettissima cruna d’ago, a resistere in pochi rifugi alle inclementi condizioni ambientali durate per decine di millenni.
Dobbiamo la nostra esistenza a una catastrofe climatica, il che fa doppiamente impressione se pensiamo che adesso il clima sta cambiando in modo molto più veloce di allora e, questa volta, per causa nostra. Certo, oggi siamo ben più attrezzati di 900 mila anni fa, ma questa scoperta inattesa insegna quanto può essere drammatico il costo di una crisi climatica. Il pianeta è molto più forte di noi.