IL MOTO ONDOSO 28 ANNI DOPO
Io sono stato per sei anni il presidente di Pax in Aqua, l’associazione contro il moto ondoso a Venezia fondata nel 1995 dal giornalista Silvio Testa (che era stato presidente della Canottieri Giudecca e che ancora oggi, credo più che settantenne, voga e veleggia in laguna con incredibile energia). Pax in Aqua riuniva 32 società remiere e veliche, aveva un consiglio direttivo di cinque persone e nei miei anni (1999-2005) ha lavorato moltissimo. Ogni remiera aveva nominato un “referente” che partecipava alle riunioni spesso settimanali, organizzava le manifestazioni, telefonava agl’iscritti per smuoverli e incitarli. In quegli anni siamo stati sulle pagine locali di Gazzettino e Nuova
Venezia praticamente ogni giorno (a casa ne conservo i ritagli). Non abbiamo ottenuto molto. Però abbiamo riscoperto i limiti di velocità dei vari canali lagunari (se ne era persa la memoria anche negli uffici appositi), obbligato ad affiggere sulle briccole i cartelli con i limiti (cartelli che ora spesso penzolano incustoditi), partecipato a innumerevoli tavoli con Comune (Gianfranco Vianello e Michele Mognato vicesindaci di Cacciari e di Costa) sui sensi unici nei canali e altre sottigliezze del “piano del traffico acqueo” sempre discusso e mai definitivo. E abbiamo ottenuto che il governo nazionale nominasse un “Commissario Straordinario per la Lotta al Moto Ondoso a Venezia e nella sua Laguna” (anno 2001). Poi però il governo nominò come commissario lo stesso sindaco Paolo Costa, il quale non fece niente salvo sprecare molti milioni per far fare degli “studi” affidati a una società tedesca, di nome Transcare, poi presentati con grande pompa nella ex sede Telecom di San Salvador e messi a dormire per sempre in un cassetto. I sei membri del Consiglio Direttivo, mi sia concesso ricordarne i nomi, erano Federico Visconti (Remiera Settemari), William Pinarello (Canottieri Bucintoro), Orietta Bellemo (canottieri Giudecca), Nicola Calella (Remiera Cannaregio) Enzo Gnone (Diporto Velico Veneziano) e io stesso (per l’Associazione Vela al Terzo).
Dopo il fallimento del Commissario Straordinario sono passati più di vent’anni di generale disinteresse per il problema del moto ondoso. Le briccole cadevano, le rive si sbriciolavano e ogni tanto Insula veniva mandata a riparare la gradinata di qualche approdo o un tratto della riva della Ca’ di Dio distrutta dai lancioni gran turismo. Qualche volta un ragazzo (o un adulto) si schiantava contro una briccola e ci lasciava la pelle; allora si mettevano dei fiori sulla briccola per un po’ e si continuava come prima. Una delle scusanti presentate dal Comune per il mancato controllo dei limiiti di velocità era, ed è ancora, che le multe, quando inflitte, vengono poi revocate dai giudici perché i metodi di misurazione non hanno validità giuridica.
Adesso invece sembra che le cose siano cambiate. Dal 2019 si è formata una nuova associazione, chiamata Insieme Contro il Moto Ondoso, che è ripartita all’attacco. E ancora una volta si tratta di persone determinate e molto competenti. Tra i membri del direttivo ci sono informatici, ingegneri, professionisti che sanno il fatto loro e che, sembra, stanno veramente mettendo alle strette l’amministrazione corrente (alcune loro manifestazioni sono descritte sulla loro pagina facebook).
Nel frattempo anche le tecnologie sono immensamente migliorate e le scusanti per non intervenire non ci sono più. Nella loro ultima lettera al governo nazionale (scritta dopo l’incidente della notte del Redentore in cui ancora un giovane veneziano ha perso la vita) i membri del nuovo direttivo menzionano ben tre tecnologie applicabili per la determinazione della velocità delle imbarcazioni (il Gps per ogni barca a motore, il sistema Als e la tecnologia Sisa già funzionante sui canali interni e facente capo alla Smart Control Room). E chiedono che vengano effettuati nuovi studi sulle altezze d’onda provocate dai vari mezzi, proponendo un limite di 30 centimetri come massima altezza
concessa. Forse possiamo sperare che questa volta le pressioni degli abitanti abbiano maggiore fortuna di quanta ne abbiano avuta vent’anni or sono. Ne abbiamo bisogno, come la tragedia della notte del Redentore ha ancora una volta dimostrato.