TROPPO TURISMO, TERZA PILLOLA
La terza pillola è più breve, come si addice al suo nome, e più memorabile. Proviene sempre dall’articolo di Marco d’Eramo che ho citato nei post precedenti e che si può leggere integralmente cliccando qui.
Pillola n. 3. I residenti come clandestini
Il turista è come Achille che cerca di trovare e raggiungere il residente che è la tartaruga. Il residente infatti è sempre alla ricerca di luoghi e situazioni più romiti, più discosti, più irraggiungibili dal turista. I residenti sono costretti a entrare in clandestinità, a comunicarsi sottovoce gli ultimi indirizzi accettabili (“ma non farlo sapere ai turisti!”). Ben sapendo che prima o poi anche quegli indirizzi affioreranno dalle coulisses e saliranno alla ribalta, costringendo gli autoctoni a cercare nuovi anfratti, nuovi rifugi provvisori.
Coscienti che l’esito è segnato: come luogo di residenza e di vita, la città turistica diventa invivibile per l’autoctono che sempre meno può permettersela in termini economici e sempre più ne è espulso in termini relazionali. In quanto industria, il turismo rende la città invivibile, proprio come la città manifatturiera (la Coketown di Dickens) era irrespirabile per i suoi slums, i suoi miasmi e fetori.