VENEZIA, IL TURISMO CI IMPOVERISCE
Da molti anni le persone disinteressate e obiettive ripetono che l’economia turistica, specialmente quando è la fonte unica o principale di reddito per un Paese, è un’economia sostanzialmente povera, che può arricchire pochi proprietari o gestori ma riduce il grosso dei lavoratori a uno stato di semipovertà. Oggi un articolo del Fatto Quotidiano ribadisce e illustra quell’idea esaminando proprio i casi di Venezia e Firenze, citate come esempi dei problemi legati alla monocultura turistica. Specialmente Venezia, diventata ormai il paradigma di ciò che non si deve fare e che purtroppo si sta facendo con sempre maggior insistenza. A parte i gravissini danni creati dal Covid e ora in parte anche dalla guerra in Ucraina, la debolezza economica di un’economia fondata sul turismo è legata a fattori non passeggeri, essendo caratterizzata da “salari impietosi – tanto da entrare in conflitto con i 4-500 euro del reddito di cittadinanza – da lavoro nero o grigio, da contratti intermittenti concentrati su pochi mesi l’anno”, con i salari del settore “di 2000 euro più bassi rispetto alla media nazionale”. A tutto ciò si aggiunge “l’irrisolto conflitto tra residenti e turisti” in campi come il trasporto pubblico e gli affitti delle case. Esistono anche, ma per il momento sono ignorate, alcune “proposte solide” per “ottenere un settore turistico che non entri in conflitto con le necessità di lavoratori, residenti e cittadini” (Il Fatto cita anche quelle di Alta Tensione Abitativa da me citate in un post di pochi giorni or sono). Unico spiraglio di luce in questa situazione è il proliferare di articoli sui media che con sempre maggiore urgenza denunciano l’urgenza di rimediare a una situazione ormai insostenibile.