MA IL PATRIARCA CI CREDE?
Ci sarei amdato anch’io alla Salute, se fossi stato a Venezia (in questi giorni mi trovo in terraferma, in provincia di Trviso). Ci sarei andato benché dall’età di quindici anni io sia un ateo convinto, uscito con fatica dai condizionamenti mentali della scuola dei preti e ritornato a una quasi sanità mentale solo grazie a otto anni di psicoterapia, dedicati principalmente a disfare i disastri che undici anni di scuola clericale avevano creato nella mia psiche. Ci sarei andato perché i rituali, anche le liturgie, contengono degli elementi di bellezza, di emozione, di profondo coinvolgimento che oggi posso avvicinare senza il risentimento contro tante manipolazioni subite.
Però sentire in Tv il sermone del patriaca mi ha lasciato esterrefatto. Come si può andare a implorare un’icona dipinta, per quando bellissima? Credere, o far finta di credere, che la Madre del Signore possa, spinta dai fedeli con i ceri accesi, accettare di implorare (sì, implorare) il suo figlio e padre (“figlia del tuo figlio”, scriveva Dante) di mettere fine alla pandemia del virus come avrebbe, nel 1631, fermato la peste? Ma non avrebbe dovuto, caso mai, impedire che cominciasse? Quale cattiveria dell’uomo potrebbe giustificare tante morti e sofferenze? Eppure il partriarca parla come se credesse che in un qualche Cielo esistesse davvero una Madre che intercede presso un Figlio e Padre onnipotente. E’ possibile che ci creda davvero? Non so che cosa pensare. Credo di no, che non ci creda; ma allora, perché continuare a vestire quegli abiti e fare quelle prediche? Solo per interesse personale? Non credo. Credo invece che tanto sussistere di credulità nel nostro secolo sia un’altra dimostrazione di quanto sottile sia lo strato di razionalità che la nostra cultura ha faticosamente raggiunto e quanto facile sia ritornare a seguire le spinte di un inconscio irrazionale ma potentissimo.
Il giro lungo di Checco Canal
Un veneziano all’estero: andata, soggiorno e ritorno.
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