I SOLDI DELLA BANCA DI BARI
Possiamo restare perplessi, ma qualche semplice ragionamento riusciamo a farlo anche noi che non siamo economisti. Leggendo un articolo su Repubblica apprendiamo che la Banca Popolare di Bari apparteneva di fatto (ed era gestita da) un tale Marco Jacobini (presidente) e dai suoi due figli (vicedirettori). E, quel che più conta, apprendiamo che le perdite principali sono dovute ai prestiti concessi senza sufficienti garanzie e senza essere “esaustivamente rappresentati” cioè illustrati al consiglio di amministrazione, ai gruppi Fusilli e Curci e alla “società da essi costituita nel 2012, la “Maiora Group Spa”. Verso questi non-pagatori le banca era “esposta” con 638 milioni. Intanto il “patriarca Jacobini” si è aumentato lo stipendio a 600.000 euro l’anno.
Adesso lo Stato interviene con 900 milioni di fondi pubblici per rimettere la banca in piedi. Ma che senso ha? Per salvare i 69.000 soci che avevano comprato azioni, sperando in rendite alte? E le responsabilità dei gestori? E il gruppo Maiora, che fine ha fatto?
Non mi pare che possiamo andare orgogliosi del nostro sistema bancario, né di quello politico e neppure dei media, che hanno informato dei fatti solo chi ha avuto la pazienza (e il tempo) di leggere gli articoli nelle pagine interne dei giornali. Come questo di Carlo Bonini comparso sulla Repubblica di oggi, del quale vi riproduco la parte principale. Personalmente dai telegiornali e dai talk shows della TV non ci avevo capito un bel nulla.