Gli artigiani di Venezia si arrendono
SOLO RICORDI, NOSTALGIE E RIMPIANTI. Non è uscito altro dall’attesissima riunione di ieri pomeriggio all’Ateneo Veneto organizzata dalla Confartigianato sulle devastazioni causate a Venezia dall’eccesso di turismo. Le speranze, o almeno le mie speranze, erano alte: una dichiarazione della Confartigianato aveva parlato addirittura del turismo come di una “lebbra” che avrebbe colpito la città. E il libro finanziato dagli artigiani, benissimo presentato dal responsabile Enrico Vettore, è ricco di dati importanti, una vera enciclopedia sul diffondersi della lebbra. Ma gli interventi dei relatori sono stati una totale delusione. Deludente Brunetti, eloquente nelle nostalgia ma del tutto privo di proposte; altrettanto Giavazzi, con una relazione vuota e rituale. Ma se la situazione è così grave, quali sono i rimedi? Il direttore De Checchi, di solito lucidissimo, ha solo espresso una timida idea: proporre la soglia di 50.000 turisti al giorno di media contro gli 80.000 attuali (che sono in realtà 89.000 fin dal 2013 come da me calcolato in un mio libretto di quell’anno). Ma lo dice senza convinzione, quasi rassegnato. Dice invece di “sperare” nella tassa di sbarco, ma ammette che la speranza andrà quasi certamente delusa. Nessuno decide di mettersi a capo di un vero movimento per la resurrezione della città. L’articolo della Nuova Venezia che riporto qui sotto potrebbe dare un’altra impressione, ma fidatevi di me: gli artigiani sono rassegnati e cercheranno solo di mettere qualche piccola pezza provvisoria dove possibile.